La rabbia è una delle emozioni primarie (detta anche universale) ovvero un’emozione presente fin dalla nascita in ogni popolazione: tutti la proviamo indipendentemente dalla nostra appartenenza culturale, ciò che cambia da cultura a cultura è il modo in cui questa emozione è socialmente accettata ed esibita. Sebbene sia una delle emozioni presenti fin dalle prime fasi della vita, abbiamo bisogno di imparare a riconoscerla e soprattutto a gestirla.
Quante volte ci è stato detto da piccoli che non dovevamo arrabbiarci? La rabbia è infatti quell’emozione spesso negata in quanto considerata distruttiva e negativa. Ma se fosse così, se avesse davvero questa carica distruttiva come mai è presente fin dalla nascita? Com’è possibile che il bambino appena nato possieda già questa emozione se non è adattiva per l’uomo? In realtà la rabbia potrebbe essere vista come un ponte verso gli altri (o verso se stessi in quanto talvolta si è arrabbiati con noi stessi o con un aspetto del nostro modo di essere e fare): se ci arrabbiamo è perché qualcuno o qualcosa ci ha fatto male, ha in qualche modo calpestato quello che ritenevamo essere un nostro diritto. Ciò che non ci hanno insegnato (ma a loro discolpa non lo sapevano nemmeno loro!) è che ciò che fa sì che la rabbia acquisisca questa accezione negativa è il modo in cui questa emozione viene “gestita” dalla persona, il modo in cui la rabbia fuoriesce e va a “colpire” le altre persone (o noi tessi). Saper gestire questa emozione permette alla persona arrabbiata di esprimere un proprio vissuto così che l’altro possa comprendere meglio il suo punto di vista perché dietro una persona arrabbiata ci può essere un mondo infinito fatto di dolore, angoscia, paura dell’abbandono, senso di colpa, sensazione di impotenza, etc etc.
Quando si parla di bambini, poi, spesso si confonde la rabbia con la maleducazione (soprattutto quando questa viene agita con comportamenti aggressivi) o con i capricci. Ancora più che con un adulto quando ci si rapporta ad un bambino che sta esprimendo la sua rabbia è molto importante soffermarsi ad ascoltare questa rabbia per capire cosa cela. Il ruolo dei genitori è di fondamentale importanza: a loro spetta il compito di aiutare il bambino inizialmente a comprendere questo sentimento, a comprendere cosa gli sta succedendo attribuendo un nome a quello stato d’animo e successivamente a gestire questa emozione. Soprattutto cosa molto importante è stare attenti a non sminuire la rabbia del bambino, a non disconoscerla altrimenti il bambino non imparerà a riconoscerla e a controllarla e diventerà un adulto non in grado di gestire la rabbia.
Quello che dobbiamo cerca di insegnare ai bambini (e a noi stessi) è che la rabbia non è un’emozione da reprimere ma piuttosto da buttare fuori non appena arriva così che non diventi tanto grande da non saperla più gestire. Pensiamo un po’ a noi adulti: quante volte ci è capitato di non saper gestire uno scambio di opinioni tra colleghi, con il capo, alla riunione di condominio, con un amico, con il partner o comunque con una persona a noi cara? Quante volte è successo che da un diverbio si sia passati ad una discussione senza fine in cui la rabbia dei partecipanti si è auto-alimentata non arrivando, di fatto, ad una conclusione. Quando la rabbia ci sfugge di mano, quando sfugge dal nostro controllo, ecco che diventa pericolosa in quanto può distruggere persone e rapporti. Impariamo allora a non farla arrivare a quel livello buttandola fuori molto prima, appena nasce! E se invece ci arriviamo a quel livello? Beh a quel punto la cosa da fare è riconoscerlo (sembra banale ma non è sempre facile), fermarsi e aspettare che diminuisca un po’ magari mettendo in atto delle azioni per facilitare ciò (facendo dei respiri sempre più profondi così da riportare il respiro e il battito cardiaco al suo ritmo naturale, facendo una passeggiata o una corsa, contando mentalmente…insomma ognuno ha la propria strategia!) per poi riprendere la discussione in un secondo momento quando la rabbia è tornata ad un livello gestibile.
Tutto questo insegniamolo al bambino senza però aspettarsi che la volta dopo metta in atto quello che gli è stato detto ma continuiamo a portargli davanti esempi positivi di gestione della rabbia (ricordiamoci infatti che la maggior parte delle cose che il bambino apprende avvengono per imitazione di ciò che osserva intorno a lui, avevamo affrontato questo argomento in un precedente articolo che potete leggere cliccando questo link) e insegnamenti fino a quando non farà sua questa modalità! Oggi giorno esistono in commercio molti libri che parlano al bambino della rabbia, possiamo usarlo per iniziare con lui un dialogo sulla rabbia proponendogli esempi non troppo lontani dal suo quotidiano ed esempi che lo riguardano direttamente. Nel far questo, però, stiamo molto attenti a non far passare il messaggio che il bambino ha sbagliato ad arrabbiarsi ma, piuttosto, facciamogli capire che semmai lo sbaglio è stato nel modo in cui ha affrontato ed ha reagito alla rabbia soprattutto quando questa è sfociata in un comportamento aggressivo in modo da “rimproverare” il gesto e non il bambino. Pensiamo alla frase “i bambini cattivi spingono gli altri!” con questa affermazione stiamo dicendo al bambino che è cattivo e non che lo è stato il suo gesto, stiamo quindi attribuendo una caratteristica al bambino che potrà continuare a mettere in atto quel comportamento in quanto reputato cattivo. Oltre a fargli capire che il gesto da lui messo in atto non era adeguato diamogli delle alternative di comportamento così che la volta successiva possa avere un ventaglio di alternative tra cui scegliere … e se sceglierà ancora di spintonare gli altri facciamo un respiro, riacquistiamo un po’ di calma e ripartiamo da capo consapevoli che quello del genitore è un mestiere difficile!
Restiamo in contatto, seguimi sui social